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Calenda ‘number one’, ma lasci fare a Renzi: alleanza senza alternative

Il leader di Azione ha sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare, adesso si affidi ai competenti e si accontenti del ruolo di front runner che gli è stato proposto dall’ex premier

di Peppe Papa

Se non vuole completare la frittata Calenda deve allearsi con Renzi, per costruire il ‘terzo polo’, e lasciarlo fare, anche se il leader di Italia Viva si è detto disposto a concedere a lui il ruolo di front runner.

E’ chiaro ormai anche alle pietre che, pur in possesso di un certo aplomb carismatico, l’arte della politica non è il suo forte, non azzecca una mossa e per questo è costretto a rimangiarsi cose affermate con sicumera qualche ora prima, o mandare all’aria alleanze siglate in pompa magna e strette di mano in diretta tv, come è successo con il Pd.

Un mezzo disastro che potrebbe costargli caro in cui ha sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare, a cominciare dai compagni di viaggio di Più Europa che lo hanno convinto a cedere alle lusinghe di Enrico Letta per assicurarsi, loro, qualche posto in parlamento che al contrario non sarebbero riusciti a ottenere in alcun modo. Infatti, lo hanno mollato, senza esitare a sbugiardarlo su social e giornali.

Poi l’eccessiva fiducia sulle sue doti affabulatorie e l’incontenibile sovrastima del proprio ego che lo hanno portato a credere di essere lui il king maker della coalizione di centrosinistra. Tipo: si fa come dico io, perché sono il più intelligente.

Invece, si è dovuto rendere conto che le cose non stavano come pensava, la politica ha presentato il conto. E si è squagliato, sbattendo la porta.

Infine, il tentativo di cancellare dalla scena proprio Matteo Renzi, considerato il vero competitor, con il quale, come rivelato da Linkiestadue sabati prima dell’accordo con Letta, Azione era già pronta a coalizzarsi con Italia Viva, disponibile a fare un passo indietro e lasciare più spazio a Calenda”.

I suoi, invece, dopo la firma dell’alleanza coni Dem hanno ingaggiato una guerriglia di dichiarazioni, ai limiti del dileggio, contro i renziani. Erano i giorni che pensava i giochi fossero fatti, si ‘sentiva’ già premier.

E’ stato l’ultimo grave errore di lettura e sottovalutazione dei fatti. Renzi, neanche invitato al tavolo, non si è scomposto e, anzi, ha rilanciato annunciando che sarebbe andato da solo senza paura nella costruzione del polo centrista liberal democratico e riformista.

Ha imbarcato nell’impresa l’ex sindaco di Parma, Federico Pizzarotti e la sua Lista Civica nazionale di sindaci e associazioni, ha aperto le porte ai non pochi delusi dal capo di Azione – tra loro diversi big – e ai moderati di Forza Italia incassando, tra gli altri, l’endorsement dell’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini.

Insomma, non è stato a guardare convinto nel frattempo che, mantenere il punto, alla fine avrebbe pagato e le contraddizioni sarebbero esplose, come puntualmente avvenuto.

Calenda non sembra abbia molta scelta, se il colpo inferto al Pd e al suo segretario è stato tremendo, quello alla sua immagine personale altrettanto devastante sul piano dell’affidabilità. Deve, senza altri indugi, alzare il telefono e chiamare colui che lo inventò Ministro, perché far finta di raccogliere le firme per presentare la lista da soli è ridicolo, oltreché impossibile.

Se ci tiene veramente al bene del Paese deve riconoscere di aver sbagliato, senza altre improbabili giustificazioni, e andare avanti cercando questa volta di non sbandare, anche se sembra difficile data la sostanziale sovrapponibilità di programmi, prospettive e valori con il cartello proposto dal Senatore di Rignano.

In fondo, anche se può essere doloroso, non c’è nulla di male ad ammettere di non essere il numero uno, soprattutto se si è disposti comunque a farti recitare la parte. Su Calenda, non perda altro tempo.

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