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Il voto in Sardegna e le prossime scadenze elettorali per le regionali in Abruzzo e Basilicata, impone a centristi e liberal democratici una riflessione

di Peppe Papa

C’è poco da fare, a livello amministrativo la competizione non si schioda dallo schema bipolare maggioritario, vincono le coalizioni per quanto eterogenee e difficili da tenere insieme. Non sembra ci sia spazio, insomma, per posizioni terze, una riflessione su cui centristi e liberal democratici forse dovrebbero soffermarsi.

Il voto regionale in Sardegna, da questo punto di vista, è risultato un caso di scuola. La lista di Renato Soru, uscito polemicamente dal Pd che gli aveva negato le primarie, sostenuta da Azione e Più Europa non è andata oltre l’8,6%, senza neppure riuscire ad entrare in consiglio regionale, privando il centrosinistra di un’affermazione che poteva essere più ampia.

E per loro spendibile in termini di rappresentanza sul territorio che è la base su cu si costruisce il peso di una forza politica di dimensione nazionale. Invece si è visto come è andata. Tutto suggerirebbe, dunque, di rivedere certe posizioni oltranziste, abbandonare risentimenti personali, avere meno la puzza sotto il naso e badare al sodo che consiste, essenzialmente, nel vincere le elezioni.

Ci sarà tempo per pensare alle europee, che tra l’altro si corrono con il sistema proporzionale, ognuno per sé, o addirittura alle politiche in programma nel 2027, salvo sorprese ché non si può mai dire. Nel frattempo conta affrontare gli altri due importanti appuntamenti elettorali a stretto giro delle regionali in Abruzzo il 10 marzo e in Basilicata il 20 Aprile.

Nella prima pare che ci sarà un “campo larghissimo”, dal Pd a Iv di Renzi passando per il M5S, i rosso-verdi e Azione di Calenda, a sostegno di Luciano D’Amico e la vittoria, infatti, viene data per possibile dai sondaggi che stimano il candidato del centrosinistra avanti di 12 punti sul rivale del fronte opposto l’uscente, Marco Marsili di Fdi.

In Basilicata, invece, l’accordo non è chiuso e chissà se mai lo sarà se non si vincono le bizze soprattutto di Giuseppe Conte che, dopo la Sardegna, vorrebbe imporre un altro suo nome, chiudendo alla proposta dei dem che hanno deciso di appoggiare l’imprenditore Angelo Chiorazzo a capo della lista “Basilicata casa comune”.

In tutti i casi per moderati e riformisti non è il momento di chiamarsi fuori dai giochi e replicare il suicidio politico che si apprestano a perpetrare in vista delle urne per Strasburgo dove, a causa principalmente del vanesio ego narcisistico di Calenda che pone veti e pretende di dettare condizioni a tutti, rischiano di arrivare divisi e fatalmente fuori dal parlamento Ue.

Serve esserci senza troppi distinguo per non sparire del tutto, rimanere vitali e continuare a sperare che faccia capolino il buon senso, in una situazione che di senso ne ha poco, fiduciosi che ha prevalere sia la Politica, quella vera utile al futuro del Paese.

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