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“Mozione di sfiducia a Lollobrigida”: Renzi fa l’opposizione, Calenda rosica

Non c’è dubbio che il più temuto dalla Meloni dei suoi oppositori è il leader di Italia Viva, l’unico in questo momento in grado di approfittare dell’oggettiva mediocrità del suo governo. Il capo di Azione non ci sta

di Peppe Papa

Non c’è dubbio che il più temuto dalla Meloni dei suoi oppositori è Matteo Renzi, l’unico in questo momento in grado di approfittare dell’oggettiva mediocrità del suo governo attaccandone i punti deboli, mettendone a nudo le contraddizioni. Abile nell’incunearsi nella lotta strisciante interna al centrodestra, alimenta il fuoco contribuendo a minare la tenuta nervosa della premier.

Come l’annuncio della presentazione di una mozione di sfiducia individuale al ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida e il lancio di una petizione per chiedere le sue dimissioni. L’occasione si è presentata con la protesta dei trattori, già imbarazzante di suo per Meloni e il suo partito, trattandosi della ‘rivolta’ di una categoria tradizionalmente vicina, e perfetta per attaccare quello che è definito l’anello debole della sua cerchia di fedelissimi, il cognato Lollo.

Pe un settore così importante ci vuole un Ministro competente, non un cognato incapace – ha attaccato il leader di Italia Viva a ‘Mattino Cinque’ – presentiamo la sfiducia al Lollobrigida anche perché ha aumentato le tasse agli agricoltori cui adesso alliscia il pelo”. Poi l’immancabile battuta perfida, di irridente ironia: “Io prendo sul serio Giorgia Meloni quando dice che vuole fare un governo del merito. Ecco, Giorgia, tuo cognato riportalo a casa, che è contenta anche tua sorella, ed è meglio per tutti questo ricongiungimento familiare”.

Infine la petizione, presentata più tardi nella sua e-news, per ricordare che l’esecutivo amico degli agricoltori ha reintrodotto l’Irpef, una tassa di 248 milioni di euro che era stata abolita, insieme a Imu e Irap, proprio dal suo governo nel 2015. La “Lollotax” l’ha definita, invitando tutti alla firma per costringerlo alle dimissioni: “Dai Lollo, torna a casa”.

A rendere ancora più minaccioso l’attacco dell’ex presidente del Consiglio ci si è messa la Lega, pronta a cavalcare la protesta nel tentativo di erodere consensi nella base di Fdi. Matteo Salvini, e chi se non lui, ha incontrato i manifestanti in Abruzzo facendosi fotografare a bordo di un trattore, mentre in parlamento i suoi si facevano sentire.

Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera ad Agorà su Rai tre prendeva le distanze dalla maggioranza. “Sulla questione dell’Irpef agricola – ha detto – riteniamo sia stato un errore quello del governo di cancellare l’esenzione per il 2024. Abbiamo presentato un emendamento nel Milleproroghe in cui si chiede la proroga anche nel 2024. Aspettiamo che il governo ci dia delle risposte”.

Insomma, non si sa mai come può andare a finire nel caso di un voto parlamentare e questa è una ulteriore complicazione di cui la presidente avrebbe volentieri fatto a meno. Ci hanno provato i suoi a smorzare la questione cercando di smontare la ricostruzione del Carroccio sottolineando che la decisione era stata presa di comune accordo.

 “Non vedo la ragione – ha precisato il capogruppo tricolore a Montecitorio, Tommaso Fotidi imputare colpe al governo, quando le decisioni sono state assunte in modo compatto dalla maggioranza in parlamento”. Vale a dire, voi dove eravate? Ciò non toglie, ha comunque assicurato, che si possano apportare “possibili modifiche, risorse permettendo, con il Milleproroghe”.

Intanto l’iniziativa renziana va avanti, facendosi opposizione dentro i processi politici, tentando di determinarli. Che è poi quello che dovrebbe fare il fronte di centrosinistra se a prevalere non fosse, come di consueto. la frammentazione e la competizione a chi è più intelligente, puro, onesto. Non a caso ci ha pensato Carlo Calenda a ricordarlo.

Il capo di Azione, acerrimo ‘nemico’ di Renzi, ci ha tenuto a far sapere di non essere d’accordo sulla mossa del senatore fiorentino. Non esattamente una novità. C’è chi dice che sia invidia personale, la sindrome del secchione che non riuscirà mai a essere il primo della classe ed è pronto a puntare il dito, rosicare. Ha definito l’operazione “un’arma di distrazione di massa per fare polemica spicciola” e ricordato che le mozioni di sfiducia “hanno il risultato di blindare i destinatari”.

Il che è tutto da vedere, la regola sembra essersela inventata lui, la storia della Repubblica italiana è piena di precedenti che confermano il contrario, comunque sia ci sono pochi dubbi sul rancore di Calenda nei confronti di Renzi. Non sappiamo se la cosa sia reciproca, di sicuro sembra il leader azionista il più accanito senza che questo gli porti alcun vantaggio. Già, la politica sta da un’altra parte.

3 Comments

  1. Amalia fasolo ha detto:

    Giusto Matteo. Noi siamo con te

  2. Patrizia ha detto:

    Matteo sei l’unico che fa opposizione e questo manda in tilt Calenda il rosicone

  3. Fulvia de Thierry ha detto:

    Calenda non è nuovo nell’uso di inventarsi regole che non esistono, come in questo caso sul presunto esito fallimentare, da lui teorizzato, della richiesta di dimissioni di un ministro, o come nel caso della sua personale interpretazione del conflitto di interessi in Europa che imprdirebbe, secondo lui, a Matteo Renzi di sedere nel Parlamento europeo, a differenza di quanto invece accade in Italia, dove la Costituzione italiana consente alle Camere di darsi un regolamento che dà ai deputati e senatori la libertà di svolgere libera professione nel proprio paese e all’estero. Insomma per il fantasioso Calenda l’Italia peccherebbe di eccesso di liberalismo consentendo la libera iniziativa individuale, mentre in Europa a suo parere esisterebbe un sistema rigido di divieto ai parlamentari per qualsiasi forma di impegno lavorativo retribuito. In realtà basterebbe leggere il regolamento europeo per capire che si tratta di un decalogo comportamentale analogo a quello italiano, altrettanto liberale, che non vieta alcunché ai parlamentari impegnati in attività extra parlamentari, ma che richiede semplicemente e giustamente la massima trasparenza attraverso la puntuale rendicontazione dei loro guadagni ottenuti al di fuori degli incarichi istituzionali. Cosa che avviene anche in Italia con la puntuale dichiarazione dei redditi e il pagamento delle tasse. Insomma Calenda ha aderito solo un anno fa all’ALDE, formazione liberale dentro Renew Europe, e già vuole rifare i connotati alla tradizione occidentale del liberalismo europeo, inventandosi di sana pianta proibizioni mai esistite.

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