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Conte, il no al Mes dimenticato e la beffa Giurì d’onore: sinistra e Pd danno una mano

Fare ammuina per distogliere l’attenzione dalla ennesima piroetta politica del voto, in combutta con il centrodestra, contro la ratifica del trattato. Obiettivo centrato da parte del capo del M5S che ritira la richiesta di giudizio dell’organismo parlamentare e si prende la scena

di Peppe Papa

Fare ammuina per distogliere l’attenzione dalla ennesima piroetta politica del voto, in combutta con il centrodestra, per il “no” alla ratifica del Mes, rubare la scena mediatica per un po’ invocando il Giurì d’onore per le parole diffamatorie pronunciate contro di lui al Senato dalla premier proprio riguardo al Mes.

Giuseppe Conte sembra essere riuscito nell’operazione, tanto da aver ritirato la richiesta all’inutile organismo parlamentare.

Visto che niente sarebbe successo a prescindere – la commissione incaricata non ha alcun potere sanzionatorio – meglio lucrare un altro po’ di visibilità rifiutando sdegnoso il giudizio che sicuramente, a suo dire, non sarebbe stato imparziale tanto da sostenere che “si voleva far vincere Meloni”. Un vero marpione il capo del M5S non c’è che dire, capace di recitare più parti in commedia con furbizia e sfacciataggine populista.

Pareva deciso ad andare fino in fondo, si era presentato all’audizione in commissione con un faldone di documenti, aveva esposto le sue ragioni convinto di spuntarla e meritarsi per qualche giorno i titoli di giornali e tv. Poi deve essersi reso conto che fatalmente sarebbe finita come sempre, ogni qualvolta, in verità raramente, il Giurì d’onore era stato chiamato in causa, cioè in un onorevole pareggio, il solito compromesso all’italiana.

Meglio dunque fermare tutto e uscirsene sbattendo la porta. L’occasione gli è stata fornita dalle dimissioni dalla commissione, il giorno prima, dei deputati Stefano Vaccari dei dem e Filiberto Zaratti Avs per mancanza di “un profilo di terzietà” e il prevalere di “alcune motivazioni, ancorché significative, di ordine politico e interpretative che contrastano con la realtà dei fatti accertati” e che “rendono evidente la volontà della maggioranza di avvalorare la versione accusatoria della presidente Meloni”.

Ancora una volta gli amici del Pd e della sinistra che un giorno aspira a guidare, gli hanno dato una mano a prendersi la scena, cosa non da poco in tempo di elezioni, linfa vitale. Tutto gratis, si intende, una specie di rendita assicuratagli dal corteggiamento serrato, soprattutto, della segreteria dem. Alla fine è stato Giorgio Mulè, presidente di Fi della commissione, a chiarire il gioco dell’avvocato ‘grillino’.

E’ singolare – ha detto – che lui, parte in causa si erga a giudice. Se fossimo in tribunale, saremmo di fronte a un palese oltraggio alla corte. Conte si è portato via il pallone”. Ecco, al Nazareno, dovrebbero cercare di essere loro a strapparglielo dalle mani e iniziare una nova partita.

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